L’avvento della mindfulness. Un segreto per trovare sollievo dall’odierno (inevitabile) stress

Un segreto per trovare sollievo dall’odierno (inevitabile) stress può risiedere nell’antica pratica della meditazione mindfulness, ossia della presenza mentale (consapevolezza). In tal senso non ci si riferisce più solo ad una pratica buddista o spirituale, ma ad alcune sue peculiari applicazioni in psicoterapia, nella medicina generale, nell’educazione, nelle aziende, nella formazione delle professioni di aiuto, e in molti altri contesti.

Intorno agli anni ’70, Jon Kabat-Zinn e i suoi collabo­ratori all’Università del Massachussets (U.S.A) hanno sviluppato un programma di intervento per la riduzio­ne e la gestione dello stress basato sulla mindfulness, strutturato in 8 settimane con 9 incontri esperenziali, con cadenza settimanale, ciascuno della durata di 2 ore e mezza circa, e solo uno di circa sette ore.

Attualmente, tale protocollo, è utilizzato in oltre 400 ospedali degli Stati Uniti, ed è largamente diffuso in Australia e più di recente in Europa, soprattutto in Gran Bretagna e Spagna. Gli incontri sono principalmente centrati sull’insegnamento di diverse pratiche di meditazione congiuntamente a momenti di condivisione di gruppo, nel pieno rispet­to dell’individualità di ogni partecipante (Kabat Zinn, 2005).

Tutti possono beneficiare dalla partecipazione al programma. L’MBSR è rivolto, infatti, a chi deside­ra acquisire un nuovo atteggiamento che esuli dal proprio abituale ed automatico modo di essere. La pratica della consapevolezza promuove, infatti, un atteggiamento diverso verso lo stress, aiutando a ri­conoscere le cause dei propri automatismi mentali e a ridurre il consueto coinvolgimento.

Grazie agli ottimi risultati ottenuti nell’ultimo ventennio si sono sviluppati innumerevoli trattamenti Mindfulness-Based (centrati sulla mindfulness). Il nucleo fondante di tali interventi è il training alla consapevolezza delle sensazioni fisiche, dei pensieri e delle emozioni del momento presente, grazie alla sospensione della critica e del giudizio in favore di un atteggiamento di “gentilezza, accoglienza e accettazione”, con una particolare attenzione al cambiamento degli stati mentali momento dopo momento (Kabat Zinn, 1990; 1994; Segal, Williams e Teasdale, 2002).

Tra i trattamenti psicoterapeutici fondati sulla mindfulness più noti possiamo considerare:

– il Modello Dialettico Comportamentale (DBT) di Marsha Linehan (1993), che combina le tecniche standard di psicoterapia cognitivo-comportamentale per la regolazione delle emozioni e l’esame di realtà, con i concetti di tolleranza all’angoscia e alla rabbia (fobia della rabbia), di accettazione e attenta consapevolezza derivanti in gran parte dalla pratica meditativa buddista.

– la terapia focalizzata sulla compassione (CFT) di Paul Gilbert, che, considerando l’autocritica e la vergogna sintomi trasversali di molti disturbi, lavora principalmente sulla formazione e l’utilizzo di una mente “compassionevole”, in grado di aiutare le persone a sviluppare e lavorare con esperienze di calore interno, sicurezza e conforto, attraverso la compassione e l’auto-compassione (Gilbert 2005; Gilbert e Lehay 2007).

– la Acceptance and Commitment Therapy, che ha portato ad un cambiamento di prospettiva nel considerare la propria esperienza personale, avvalendosi principalmente di 3 strumenti: Accettazione, Consapevolezza e Impegno, in uno stile di vita basato sul rispetto dei valori personali (Hayes e Smith, 2005).

– il Mindsight di Siegel, che rappresenta certamente il trattamento principe delle terapie focalizzate sulla mindfulness e le relazioni fondate sull’attaccamento  (Siegel,2010)

L’elemento comune di questi trattamenti è lo sviluppo della “presenza” in tutti gli aspetti della nostra vita (sia che stiamo lavorando, guidando o incontrando un amico), inducendoci ad un apprezzamento maggiore della vita stessa. Un approccio consapevole alle relazioni conduce inevitabilmente ad una maggiore soddisfazione dei rapporti e aiuta a  sostenere uno stile di vita più sano. Uno stato di costante presenza pacifica è l’obiettivo e il risultato della consapevolezza. La mindfulness è una forma di auto-consapevolezza che in semplici termini potremmo descrivere come “un modo di essere nel momento presente e di accettare le cose per quello che sono senza giudizio, momento dopo momento”(Kabat Zinn, 1997; Goleman, 2006; Goleman D. e Gyatso Tenzin, 1998) .

Meditazione e mindfulness vanno di pari passo e la pratica di uno rafforza l’altro. Ma a differenza di altre tecniche di rilassamento, la mindfulness può essere sviluppata e praticata anche (soprattutto) nelle situazioni di stress. Una maggiore consapevolezza, infatti, implica il rimanere attenti e rispondere in modo rapido e appropriato agli eventi che si susseguono, senza ricorrere al pilota automatico e al reagire impulsivamente (Goldstein 1993).

Condividere una modalità di essere che sia nutrita da una cura e un’attenzione non giudicante e non selet­tiva nei confronti dei propri e altrui pensieri ed emo­zioni, momento dopo momento, sembra oggi essere, infatti, la strada più salutare per contrastare lo stile frenetico di vita e l’eccessiva “liquidità” (Bauman, 2006) dei nostri legami affettivi.

Questa peculiare modalità d’essere, che è al contem­po un’attitudine relazionale, poiché ha a che fare con la nostra relazione con tutto il resto, ha finito con l’influenzare i diversi orientamenti nell’abito della terapia del dolo­re e della clinica psicoterapeutica, nei con­testi professionali o scolastici, e nel trattamento di disturbi fisici e psicologici specifici.

Oggi, infatti, la mindfulness risulta essere un prezioso strumento per il trattamento dei disturbi d’ansia e at­tacchi di panico, disturbo da deficit di attenzione con iperattività, disturbi del sonno, disturbi dell’alimenta­zione, trattamento del dolore cronico,  per la depressione e la suicidarietà, disturbo borderli­ne di personalità, disturbi da uso di sostanze, trauma e disturbo da stress post-traumatico.

Le neuroscienze (Odgen, Minton e Pain, 2006; Fosha, Siegel e Solomon, 2009) hanno dimostrato, inoltre, che il pra­ticare quotidianamente la mindfulness aiuti non solo nel migliorare le capacità di fronteggiare lo stress ma abbia anche netti benefici per il nostro corpo:

  • per il rafforzamento del sistema immunitario.
  • riduce il tasso metabolico, la frequenza cardiaca, la­pressione arteriosa, la frequenza respiratoria, appor­tando grandi benefici al nostro sonno.
  • riduce il cortisolo elattato riducendo così la produ­zione degli ormoni dello stress
  • riduce il livelli di colesterolo e quindi il rischio di ma­lattie cardiovascolari
  • riduce la produzione dei radicali liberi diminuendo i danni e l’invecchiamento dei tessuti.
  • aumenta il volume cerebrale rallentando la degene­razione neurale
  • favorisce una sana longevità.

 

Ad un livello più profondo, diversi studi (Linehan, 1993; Van der Hart, Nijenhuis e Steele, 2006; Liotti e Farina, 2011) hanno dimostrato che la anche mindfulness può migliorare la nostra relazione con la sofferenza e con gli altri, consentendo di:

-migliorare la qualità di vita

-maturare un atteggiamento non giudicante verso sé stessi, gli altri e l’esperienza

-sviluppare la conoscenza e la consapevolezza dei propri stati emotivi e mentali

-imparare a differenziare tra i pensieri che aiutano e quelli che non aiutano

-migliorare le capacità di attenzione e concentra­zione

-aumentare la cura di sé, degli altri e delle relazioni

-sviluppare attitudini più ottimistiche e positive

-sviluppare personali capacità di apertura

-vivere più serenamente le esperienze difficili

-attingere alla grande forza dell’amore e della compassione

Che vuol dire fermare il Pilota Automatico?

Nella maggior parte del tempo lasciamo che sia il “pilota automatico” a condurci. Le nostre menti sembrano avere una volontà propria. I pensieri vanno e vengono, un’idea incompiuta cede il posto ad un’altra sovrapponendosi in un flusso continuo di immagini, idee, ricordi e desideri. E’ come se non avessimo molta voce in capitolo su quali pensieri debbano risiedere nella nostra mente. Attraverso la consapevolezza è possibile “fare un passo indietro” e osservare questa intensa  attività mentale e tutti i sentimenti e gli impulsi che essa provoca, cominciando lentamente a padroneggiarla. Il non etichettare o il non giudicare le persone e le esperienze libera dalla propria normale tendenza a reagire automaticamente ad essi e a danneggiare inconsapevolmente i rapporti personali.  La pratica della presenza mentale disinnesca la nostra negatività, l’aggressività e le emozioni che ci agitano.

Invece di reprimerle o indulgere in esse, è importante osservarle con accettazione, spazio e chiarezza. “Osservazione” è la parola chiave; coscientemente osservare i propri pensieri e sentimenti, piuttosto che nuotare in essi.

Con il tempo e con la pratica si apre una nuova dimensione di libertà e di quiete, grazie al dis-innescamento dei pattern di comportamenti automatici disfunzionali, e la possibilità di rispondere più saggiamente e consapevolmente nelle difficoltà (Di Manna, 2011 )