COLTIVARE LA MINDFULNESS DURANTE I MOMENTI CRITICI, Jon Kabat-Zinn
Lasciate che vi inviti, ovunque voi siate, in qualsiasi fuso orario o in qualunque circostanza vi troviate, a prendervi un momento semplicemente per riconoscere che siete qui, che avete fatto tutto ciò che era necessario per essere qui in questo momento, per riunirci insieme, pur essendo socialmente separati, e incontrarci nel momento presente.
Va bene sia che abbiate gli occhi aperti o che manteniate gli occhi chiusi. E vedete se riuscite a portare la consapevolezza al vostro corpo nel suo insieme, mentre siete seduti qui; alla dignità e alla bellezza di essere semplicemente qui, sia che voi siate seduti, stesi o siate in piedi. Ci sono diverse porte per entrare in questa stanza, la stanza del vostro cuore. Non c’è bisogno di bussare alla porta, ma semplicemente entrate e prendete residenza, prendere rifugio nello spazio della vostra consapevolezza del corpo così com’è, momento dopo momento, respiro dopo respiro.
Ho già detto più volte che l’ironia di questa pandemia è che essa colpisce proprio il respiro. Questo misterioso, miracoloso e incredibile fenomeno biologico, così complesso, che ci consente di vivere, che permette all’aria di entrare e di uscire, e di mantenere l’intera costellazione di cellule e di atomi del nostro corpo, proprio come in una galassia dello spazio. Ed è già qui presente per noi, questa possibilità di coltivare l’intimità con esso, non attraverso il pensiero, bensì attraverso l’attenzione alla distesa sensoriale di questo respiro che entra e che esce dal corpo. E di cavalcare le onde per tutta la durata di ogni inspirazione e di ogni espirazione, mentre il respiro entra, procede all’interno di tutto corpo, raggiunge la sua pausa e poi esce dal corpo, invitandovi e incoraggiandovi ad essere semplicemente svegli e consapevoli, momento dopo momento, dopo momento, ovunque voi siate nel mondo in questo particolare momento, qualunque cosa vi stiate portando dentro, semplicemente lasciando andare tutto mentre vi concentrate unicamente su questo semplice respiro che ci tiene in vita.
Sia che siate nuovi alla pratica formale della Mindfulness, o che siate impegnati in questa “relazione amorosa” da decenni, scoprirete rapidamente che la mente ha una vita propria, e potrebbe non riuscire a cavalcare le onde del respiro in maniera assidua, in quanto la sua stessa natura è caratterizzata da impulsi caotici che la conducono qui e là, attirandola nei pensieri, rendendola ansiosa ed emotivamente attiva, conducendola nei pensieri sul passato e sul futuro. E naturalmente in un momento come questo la sua attività si amplifica enormemente. Pertanto, uno degli elementi di questa pratica formale della Mindfulness consiste nella capacità di riconoscere che fa tutto parte del repertorio dell’essere umano.
In qualunque situazione si trovi la mente, la nostra consapevolezza è in grado di abbracciarla e di riconoscerla per ciò che è, e quindi in questo senso non bisogna considerarla necessariamente una distrazione, quando veniamo portati via dall’attenzione al respiro, ma è solo un altro fenomeno, altrettanto degno di attenzione, che fa parte della costellazione della nostra esperienza umana, che si svolge momento dopo momento. E dunque quando notate che la vostra mente è andata da qualche altra parte, il fatto stesso di averlo notato è esso stesso un esercizio della pratica della Mindfulness. Quindi guardate, ascoltate, comprendete e registrate ciò che accade realmente nella vostra mente in questo momento, se essa non è concentrata sulle sensazioni del respiro, o sul vostro corpo nel suo insieme, mentre siete seduti qui a respirare. E subito dopo potete reindirizzare l’attenzione al corpo e al respiro, lasciando che i pensieri e le emozioni siano così come sono, senza provare a respingerli o a inseguirli o a fare nient’altro. Né dobbiamo incolparci di essere dei cattivi meditatori perché la nostra mente stava vagando altrove.
Qualche giorno fa ho utilizzato la metafora dell’oceano: proprio come l’oceano, le cui onde in superficie dipendono dalle condizioni atmosferiche, allo stesso modo la mente senza consapevolezza si agita. Ma è la consapevolezza che fa sì che la mente si connetta con la sua profondità, e che non si lasci agitare dall’attività superficiale, e quindi grazie alla consapevolezza possiamo rimanere calmi, in una relazione più saggia con qualunque cosa si agiti nelle nostre menti e nelle nostre vite, esercitando il muscolo della saggezza e della compassione. E dunque ogni volta che notiamo cosa c’è nella nostra mente non dobbiamo rimproverarci o colpevolizzarci; lasciamo che esso sia così com’è, ritorniamo esercitare la consapevolezza, senza necessariamente tornare al respiro. È possibile anche semplicemente riposare nella consapevolezza, poichè il respiro è solo uno degli elementi della gamma molto più ampia di fenomeni che ci aiutano a sviluppare la consapevolezza, non l’unico.
Anche occuparci di ciò che sta accadendo realmente nella nostra vita è pratica della Mindfulness, e dunque io spero vivamente che voi non pratichiate solo la consapevolezza del respiro quando vi collegate qui ogni giorno, perché tutti i momenti della nostra vita possono diventare pratica della Mindfulness. Essa non è limitata al solo sedersi ogni mattina nella postura formale della meditazione, ma anche lavare i piatti è meditazione, svegliare i bambini o essere svegliati dai bambini, fare tutto ciò che ci viene richiesto nella nostra casa, affrontare gli aspetti frustranti ed esasperanti di ogni giorno mantenendo equanimità, chiarezza, gentilezza e compassione, nella maniera in cui possiamo esprimere il meglio di noi stessi, tutto questo è Mindfulness.
E proprio qui, proprio in questo momento noi siamo già pronti, se semplicemente ci doniamo ad essa passando da una modalità di vita modulata dall’agitazione e dalle preoccupazioni, ad una regolata dalla calma, dalla chiarezza e dalla consapevolezza. Dunque non c’è un modo di fallire in questa pratica, perché non stiamo cercando di arrivare da nessuna parte, semplicemente ci troviamo già qui dove siamo, e già nel modo in cui le cose sono come sono, buone o cattive, anche se sentiamo che il nostro cuore sta esplodendo per il dolore, o la preoccupazione, o la frustrazione che abbiamo dentro.
La consapevolezza non significa combattere con le cose così come esse sono, al contrario essa ci fornisce una libertà ulteriore di relazionarci realmente con le circostanze, per quanto orribili e indesiderate esse siano.
Tutta le ricerche sviluppate nel corso degli ultimi quarant’anni sulla Mindfulness, attraverso l’esame dei suoi effetti come pratica di meditazione sul corpo e sulla mente evidenziano quanto profonda sia l’influenza di questa pratica sull’aumento delle capacità di resilienza e di sopportazione dello stress, sulla maggiore connettività neuronale degli individui, che che fa sì che alcune parti del cervello, che di solito non comunicano tra di loro, comincino effettivamente a farlo e a generare quello che viene chiamato il “controllo esecutivo”, “l’intelligenza emotiva”, una sorta di aumentato senso della prospettiva che diviene predominante esattamente nei momenti in cui siamo maggiormente a rischio di perdere la testa. E anche se non esistessero delle scienze che studiano queste antiche pratiche della meditazione, esse comunque riuscirebbero a raggiungere il loro scopo, perché trasformano sostanzialmente il nostro approccio nei confronti di quello che potrebbe essere una catastrofe completa della condizione umana.
Durante queste meditazioni guidate voglio invitarvi nuovamente a ricordare che le parole che io pronuncio non sono altro che suoni che escono dalla mia bocca, e che attraverso la tecnologia arrivano alle vostre orecchie. Sono semplicemente dei suoni che vengono messi insieme da voi attraverso la vostra consapevolezza, la calma, la chiarezza, il silenzio, quel silenzio che è già dentro e in mezzo e sotto a tutto ciò sto dicendo. Consideriamolo come una sorta di “infezione”, affinchè non solamente il COVID19 sia infettivo, ma anche questa consapevolezza.
Nelle parole del Dalai Lama e la pratica incarnata non significa solo pratica della meditazione, bensì comprende tutto ciò che facciamo, il modo in cui noi ci comportiamo nelle nostre relazioni con le persone, e quindi imparate ad accogliere questo silenzio, questa consapevolezza, indipendentemente dal tempo e dalle circostanze.
Non c’è modo di fallire purchè siamo disposti ad aprirci alla vita così com’è in questo momento, che ci piaccia o no, e alle sensazioni, che siano esse spiacevoli o piacevoli o neutre.
Aiutiamo coloro che combattono in prima linea, aiutiamo le persone a procurarsi il cibo o le medicine, aiutiamo anche semplicemente restando fuori dai piedi, restando a casa, mantenendo questo il distanziamento sociale. Anche se in realtà io sento che siamo molto più connessi adesso rispetto a prima; lo sento certamente nel mio quartiere, nella mia famiglia e anche qui con voi online, non importa che ci conosciamo o no.
E prima che questa breve pratica meditativa volga al termine, vi invito a giocare con quello che io ho già suggerito di sperimentare per il resto della settimana. Al mattino prima di alzarvi dal letto, e prima magari di mettervi a meditare in una posizione formale, prima ancora di mettere i piedi fuori dal letto, provate a restare a letto qualche minuto in più, per finire in un certo qual modo il “lavoro” del risveglio, e magari prima di essere catturati già dal pilota automatico, dall’ansia e dalle preoccupazioni legate al tempo e a quello che c’è da fare, provate a sperimentare la posizione del cadavere, mentre siete sdraiati, lasciando che le gambe si separino e che le braccia si separino dal corpo sotto alle coperte, tenendo i palmi delle mani rivolti verso l’alto, ascoltando il respiro muoversi dappertutto all’interno del corpo. Potete farlo anche se non siete sdraiati, anche da seduti, ascoltando semplicemente tutto il corpo che respira. Potete giocare provando a mettere tutta la vostra attenzione nelle mani, sentendo solo le sensazioni che avvertite nelle vostre mani, ascoltando le sensazioni dei pollici, delle dita, degli spazi che ci sono tra le dita, o sul dorso delle vostre mani, sui palmi. Provare ad ascoltare le sensazioni che ci sono nei polsi, o le pulsazioni delle arterie radiali, e poi successivamente provando a riversare tutta la vostra attenzione in una sola delle due mani, quasi ritirando l’attenzione da una mano e ponendola interamente nell’altra, raddoppiando l’attenzione in una sola delle mani. Senza cercare di fare niente di particolare, o di ottenere qualcosa in particolare, ma semplicemente provate a giocare, a indagare, a esplorare, come in una sorta di laboratorio che è tutto il vostro corpo e il vostro cuore, senza pensare di risolvere un problema in particolare, o di raggiungere alcuno scopo o di avere successo o di evitare il fallimento. Non importa cosa voi stiate attraversando, cosa stiate vivendo, quello che importa è solo sperimentare qualunque sensazione sorga E poi giocosamente cambiate mano, riversando tutta la consapevolezza nell’altra mano, e dopo tornate ad un’attenzione equilibrata, metà e metà. E subito dopo spostandovi nei piedi, portando l’attenzione ai due piedi contemporaneamente, in una pratica, quella del body scan, che sarà molto familiare a quanti di voi hanno effettuato l’MBSR. L’importante è che sia una pratica giocosa, e che voi lo facciate come un esperimento, come un’indagine che vi possa portare in contatto con le parti esterne dell’universo del vostro corpo, con le dita dei piedi, con la parte inferiore del piede, o con il dorso, con il tallone, con le caviglie e con qualunque altra parte che sia in contatto con le scarpe o con il pavimento, semplicemente respirando e mantenendo l’attenzione ai due piedi contemporaneamente. Non vi chiederò di portare l’attenzione prima un piede poi all’altro come ho fatto con le mani, potrete sicuramente provare a farlo da soli. In questo momento vedete se riuscite a mantenere l’attenzione e la consapevolezza su entrambe le mani e su entrambi i piedi allo stesso tempo, e poi lasciate espandere la consapevolezza ad ogni parte del vostro corpo, dal fondo dei piedi fino alla sommità della testa, fino alle vostre braccia, le vostre spalle, fino a comprendere il senso del corpo nel suo insieme, mentre siete seduti qui e respirate, fino a sentire tutto l’universo di sensazioni che possono essere ascoltate attraverso la consapevolezza, aldilà del tempo, al di là dello spazio, in questo momento senza tempo che noi chiamiamo ORA, Invitando il cuore a comprendere e a sentire tutto, con la consapevolezza che abbraccia tutto, che sostiene tutto, come una madre un padre che abbracciano il proprio bambino.
E se avevate gli occhi chiusi vi invito a prendervi un momento per aprirli e per affacciarvi allo schermo, chiamando il cuore a sentire la presenza di tutti gli altri che sono qui, in questo spazio digitale, respirando insieme, partecipando insieme, affrontando questa cosa terribile insieme con integrità, con compassione, in qualsiasi modo sia possibile per noi farlo, a seconda delle nostre professioni o delle circostanze o delle nostre situazioni familiari, perché questa è la natura fondamentale dell’uomo, questa profonda connessione, l’immaginazione, la creatività e l’amore.
Ancora una volta non suonerò nessuna campana perché per me la meditazione non finisce, ma continua finché andrà avanti la vita.
Stiamo tutti facendo la nostra parte anche semplicemente restando a casa. È un radicale atto di compassione mantenerci lontani gli uni dagli altri, finché sarà necessario smorzare la curva e mitigare questo virus, dal momento che non abbiamo molti strumenti per fronteggiarlo. E tuttavia ecco uno strumento che ci portiamo dentro, in questo momento e per sempre: il nostro cuore, la nostra consapevolezza.
Magdalena – Croazia: Ciao Jon, sono così contenta, non mi aspettavo di riuscire a fare una domanda! Io sono una psicologa e attualmente mi dedico all’insegnamento della Mindfulness. Prima lavoravo nel sistema carcerario e da quando sono in pensione invece sono insegnante di Mindfulness. Mi dispiace molto di non essere venuta a conoscenza di questa pratica prima. La mia domanda è questa: io attualmente sto offrendo dei seminari per la crescita psicologica, è la maniera in cui insegno la Mindfulness è invitando le persone a prendersi una pausa. Nella lingua croata la parola che indica “fare una pausa” incorpora la parola “respiro”, nel senso di prendere fiato. Quindi quando io gli dico alle persone di prendersi una pausa in qualche modo dico loro di prendere un respiro profondo. La mia domanda è se secondo te è possibile insegnare la Mindfulness in questo modo.
Jon Kabat-Zinn: Credo che tu conosca già la risposta questa domanda. Sono i tuoi stessi allievi ad essere i tuoi insegnanti, e le persone a cui tu insegni te lo stanno dimostrando, perché se non gli fosse piaciuto sarebbero andati via e tu non avresti più nessuno a cui insegnare… Per cui va bene così, fintanto che mantieni l’integrità e il rispetto per tutti gli altri. Questo è quel tipo di laboratorio in cui presumibilmente gli insegnanti possono imparare più dei loro allievi. È molto utile a trovare modi creativi per insegnare la pratica in modo che essa non sembri una montagna insormontabile o un ostacolo da scalare per arrivare altrove, poiché non si tratta di arrivare da nessuna parte, bensì riguarda la realizzazione, la liberazione, e queste non potranno accadere in nessun altro momento, sono già qui, ora, dentro di noi. Quindi grazie per il lavoro che stai facendo in Croazia.
Nima: Ciao Jon la domanda che mi è venuta in mente adesso è come fare ad utilizzare i momenti di difficoltà come delle opportunità di crescita e di risveglio. Recentemente sto sperimentando delle serie difficoltà. Io sono un insegnante di MBSR e sicuramente intorno a me sento molta paura. Io stesso provo paura per la mia vita, sono un medico e lavoro in ospedale, dunque devo andare a lavorare e ho paura di perdere la vita, ho paura per i membri della mia famiglia, specialmente per le persone anziane.
Jon Kabat-Zinn: Grazie Nima per essere là fuori in prima linea e per tutto ciò che stai facendo insieme a tutti gli altri. Spesso in queste settimane stiamo utilizzando la metafora della guerra e come in tutte le guerre ci sono delle vittime. È naturale che tu sia preoccupato per te stesso, per i tuoi figli, i tuoi familiari. Non voglio fingere che esista una risposta semplice a quello che mi stai chiedendo, perché quello che sta accadendo è una catastrofe. La scorsa settimana ad esempio ho fatto riferimento al film “Zorba il greco”, in cui ad un certo punto Zorba e greci rispondono alla catastrofe alzandosi e mettendosi a ballare, per affermare che sono ancora vivi di fronte al terrore e alla paura. Per tornare alla tua domanda, sicuramente quando sorgono questi pensieri la paura e la preoccupazione sono reali, io ti invito a stendere un tappeto di benvenuto, perché essi esistono, ci sono tanto quanto le sensazioni del respiro. Perché anche quando la paura e la preoccupazione ci svegliano nel bel mezzo della notte, non è un buon motivo per smettere di praticare, perché anche quello è pratica. Ti invito dunque a giocare, in maniera gentile, avventurosa, a cercare di essere amichevole proprio con quella parte che noi non vorresti che ci fosse nel tuo cuore o nella tua mente, a provare a mantenere una relazione saggia con essa, ad abbracciarla con la consapevolezza, proprio come abbiamo fatto prima con la pratica del body scan. La scorsa settimana abbiamo anche parlato del poter riposare nel “non sapere” perché il sapere di non sapere può essere un antidoto potente per questa sofferenza e questa paura. La domanda che devi porti è: è la mia consapevolezza della paura o è la consapevolezza dei pensieri paurosi per questi scenari catastrofici e da incubo, che mi fanno stare così? E non devi chiederlo alla tua testa, ma al tuo cuore. Io sono disposto a scommettere, basandomi sull’esperienza che ho avuto nel corso degli anni, che la tua consapevolezza non è in realtà paralizzata dalla paura, ma onora la paura, si inchina ad essa, è costretta a riconoscerla ed è legittimo perché si tratta di paure autentiche.
E tuttavia la consapevolezza è in grado di reggere tutto, ed è così che diventa pratica. È una sorta di un nuovo grado di libertà, la libertà di affrontare la paura, il terrore, le vecchie preoccupazioni per i genitori, per le persone anziane, per la famiglia o per la tua stessa vita, e io credo che tu sappia che questo è il vero cuore della pratica. E a dir la verità in effetti, se non fosse per una cosa sarebbe per un’altra, quindi è vero che quello che stiamo vivendo, questa pandemia, è un incubo, e tuttavia la condizione umana è costellata da incubi, e quindi la nostra sfida riguarda proprio questo, come riusciremo a costruire una relazione saggia con queste condizioni, come riusciremo a non perdere le nostre menti e i nostri cuori quando ne abbiamo più bisogno.
Monique – Olanda: Ciao Jon io stavo per partecipare ad un ritiro e ho avuto un problema alla schiena, una grossa ernia. Durante il ritiro ho meditato per sei giorni con il dolore e purtroppo non sono riuscita a riconoscere i segnali del mio corpo, e ho così letteralmente distrutto la mia schiena, per cui la mia domanda è come posso riuscire a percepire i segnali del corpo e a meditare con il dolore, senza però rischiare di peggiorarlo.
Jon Kabat-Zinn: Innanzitutto faccio un profondo inchino a te, la tua domanda è meravigliosa e può essere estesa a chiunque abbia un corpo e si imbatta prima o poi in un problema del genere. Perché tutto ciò è molto familiare a tutti coloro tra noi che, invece di ascoltare i segnali che il nostro corpo ci invia, facciamo quello che vogliamo. Spesso i medici dicono alle persone che soffrono di dolore cronico, quando hanno esaurito le opzioni terapeutiche, che devono imparare a convivere con questa condizione, ma purtroppo non spiegano come fare, ed è per questo che è stato sviluppato il metodo MBSR. E quindi innanzitutto ti riconosco un enorme senso di compassione anche di umorismo nei confronti di te stessa per aver deciso di ignorare tutti segnali del tuo corpo e metterti in questa situazione di disagio acuto! Dall’esperienza clinica di oltre quarant’anni del mio lavoro, e per la mia personale esperienza sulla pratica della meditazione, posso dirti che si può fare, che è fattibile, non importa quanto dolore ci sia dentro di noi, la pratica è fattibile fintanto che siamo disposti a fare un certo tipo di lavoro, e a dare il benvenuto a tutto ciò che è indesiderato. Talvolta c’è bisogno di farlo in micro-dosi, molto lentamente, provando ad esempio a prendere una piccola frazione di respiro e a dirigere l’attenzione al punto di massimo disagio, e poi ampliare l’attenzione senza concentrarci troppo sulla parte dolorosa. È un po’ come immergere le dita dei piedi in una piscina prima di tuffarsi sul fondo, lo fai per testare la temperatura dell’acqua. Troppo dolore equivale all’acqua troppo fredda; quindi puoi abituarti cominciando a mettere la punta del piede e poi dopo il piede e la caviglia, e poi gradualmente entrare in acqua. E dunque imparare gradualmente a metterci in relazione con le sensazioni. Dopo noterai che la sofferenza non è semplicemente dovuta alle sensazioni, non importa quanto esse possano essere intense, perché in realtà oltre alle sensazioni ci sono i pensieri, le emozioni e le reazioni, e se tu ti rimproveri emotivamente e cognitivamente la sofferenza aumenta e la dimensione sensoriale di ciò che noi chiamiamo dolore in realtà è solo un intenso disagio. Il fatto di chiamarlo dolore infiammerà quel disagio. Come per la domanda a cui ho riposto prima, bisogna chiedersi se è la consapevolezza del disagio a non essere confortevole o è semplicemente la sensazione del disagio stesso. Attualmente le neuroscienze hanno dimostrato che in realtà e il cervello riesce a modulare i suoi meccanismi chimici e fisiologici fino a sentire in maniera differente l’esperienza del dolore. Dunque ciò da cui ci stiamo veramente liberando è la sofferenza, perché dopo che avremo imparato a conviverci, il dolore diventerà il nostro miglior insegnante e ad un tratto sparirà. Speriamo che ciò avvenga prima che tu muoia! Ma posso garantirti che l’ho visto tante volte succedere, in migliaia di persone e anche in me stesso. Quindi buona fortuna!
Luciana – Brasile: Ciao grazie per avermi concesso di fare questa domanda. Quando tu dici di abbracciare la catastrofe significa che dobbiamo accettare ciò che c’è dentro di noi, ma non è necessario essere d’accordo con ciò che sta accadendo all’esterno e che non siamo in grado di gestire, è così?
Jon Kabat-Zinn: Sì esatto è tutto vero, eccetto che non esiste separazione tra l’interno e l’esterno, perché tutto ciò che viviamo ha che fare con le circostanze della vita, che naturalmente includono le decisioni politiche che possono essere prese in Brasile così come ad esempio negli Stati Uniti, e possiamo vedere con i nostri occhi con quale facilità l’odio e l’avidità possono peggiorare le cose nel modo in cui stiamo decidendo di reagire globalmente a questa pandemia. Per cui credo che ci sia una profonda lezione da imparare, questa di certo non è la prima pandemia, nè sarà l’ultima, e tuttavia viviamo in un mondo nuovo, fatto di infinite risorse tecnologiche, di biotecnologia, di intelligenza artificiale, un mondo in cui noi siamo così intelligenti e tuttavia così stupidi allo stesso tempo, perché non riusciamo a comprendere la grandezza delle nostre molteplici intelligenze, non riusciamo a farle funzionare in maniera inclusiva, riconoscendo i diritti di tutti gli individui. La lezione che dovremmo imparare tutti è che sarà necessario riuscire a generare il maggiore benessere e la maggiore salute possibile per tutti, con il minor danno e disprezzo nei confronti delle persone che non sono come noi. Sto parlando di giustizia sociale, di giustizia razziale, di giustizia economica. L’esempio che faccio sempre è quello del sangue che deve necessariamente raggiungere tutte le cellule del corpo, perché in caso contrario le cellule si incancreniscono. E dunque, in un momento di crisi come questo assistiamo ad esempio a ciò che stanno facendo gli Stati Uniti, una nazione così orribilmente capitalista, che però è disposta a regalare denaro a chiunque pur di salvarsi! E se paragoniamo il denaro al sangue sappiamo che tutti abbiamo bisogno di quel sangue non solamente durante la pandemia, ne abbiamo bisogno sempre in quanto esseri umani, per poter progredire come specie, cercando di minimizzare quanto più sarà possibile dolore e sofferenza.